DODECAPOLI

 

“Non sono mai uguali a quello che si vede”. Questa la rassegnata constatazione é del protagonista del film di Wim Wenders “Alice nelle città” che percorre le strade della provincia americana alla ricerca di storie che si vedono con le foto,  colte attraverso lo sguardo puro dell’obiettivo.

E’ una delle riflessioni più interessanti e più controverse dell’atto del  fotografare, e un  vero stimolo per chi attraversa i luoghi con la macchina fotografica, perché come ha scritto Georges Perec lo spazio è un dubbio, un’ipotesi: non è sufficiente vederlo, conta la qualità dello sguardo che deve scoprire, comprendere, elaborare, conta farlo proprio senza tradirlo.

Ciò che si  crea all’interno del fotogramma e’ dunque il risultato della personale relazione con lo spazio e con gli elementi che, per il fotografo, diventano codici significanti di un linguaggio.

Seguendo lo svolgimento dei racconti di Dodecapoli, le città si sono succedute nella mente lasciando immagini vive, che a poco a poco si sono trasformate in linguaggio visivo attraverso elaborazioni e composizioni di spazi, di volumi, di pieni, di vuoti, di prospettive e di materia, di atmosfere e di colori.

Luoghi, allo stesso tempo, reali e immaginari dove le protagoniste dei racconti potessero liberamente agire e trovare il loro sentiero.

 

Ambra Laurenzi